Michel Bauwens 2022 Intervista a un Gruppo Cyber-Comunista Accelerazionista di Milano

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Interviewer is Davide Dibitonto


English-language version is at Michel Bauwens 2022 Interview with a Left-Accelerationist Cyber-Communist Group in Milan


Interview

* Puoi dirci qual è, a tuo avviso, il significato delle parole "P2P" e "Commons" e qual è il loro ruolo in un'ipotetica transizione postcapitalista?


Il peer to peer è una logica sociale di tipo "relazionale". Si verifica in qualsiasi sistema in cui gli agenti sono liberi di connettersi tra loro, di auto-organizzarsi e persino di creare sistemi di creazione e distribuzione del valore. Il P2P è qualsiasi sistema sociale in cui gli intermediari non hanno il pieno controllo su chi vi può accedere. Probabilmente non esistono sistemi peer to peer "puri", perché anche le libere scelte dei peer possono consolidarsi in percorsi di connessione privilegiati, che possono stabilizzarsi nel tempo. Quindi è importante non essenzializzare il peer to peer, ma vederlo come una parte dinamica di una logica sociale complessiva di scambio che può contenere economie del dono, distribuzioni gerarchiche e dinamiche di mercato. Le dinamiche peer to peer possono essere inserite e manipolate da altri sistemi sociali.


Storicamente, il peer to peer si è verificato in condizioni geograficamente limitate, ad esempio in piccole società di cacciatori-raccoglitori, in gruppi di parentela, nei quartieri e in piccole squadre. Ma la tecnologia digitale distribuita ha creato un'enorme realtà di socializzazione p2p, sebbene avvenga in modo massiccio su piattaforme di proprietà privata soggette a sorveglianza e al controllo governativo. Nonostante ciò, proprio come con la rivoluzione della stampa nell’Europa del XVI secolo, ha creato un enorme livello di differenziazione che sta mettendo in discussione le istituzioni che si sono affermate sotto i precedenti paradigmi di comunicazione e organizzazione.


Il peer to peer può essere connesso alla specifica logica sociale del commoning, ovvero un'attività che si crea ogni volta che un gruppo umano decide di costruire, proteggere o mantenere un oggetto sociale comune. I commons si verificano quando c'è la combinazione di una risorsa (che può essere materiale o immateriale), con la decisione umana di governarla collettivamente (comunità di contributori, alleanze multi-stakeholder), sotto la propria giurisdizione interna. I commons fisici hanno confini chiari e protetti, al fine di assicurare la riproduzione del bene, mentre i commons digitali sono non-rivali o anti-rivali, ovvero beneficiano degli effetti di rete e ne incoraggiano un uso più ampio. Da qui l'emergere di conoscenza condivisa, software liberi e open design che possono essere collegati anche alla produzione fisica.


Distinguo tra le parole 'common', cioè ciò che abbiamo in comune, o dovremmo avere in comune, e ‘commons’: quest'ultima si riferisce a vere e proprie risorse condivise che vengono gestite collettivamente, ovvero un'istituzione umana di governance. Quindi, non considero qui lingua, cultura e conoscenza "organica" come dei "commons che non sono gestiti collettivamente”. Va tenuto presente come ogni commons materiale è sempre anche un commons della conoscenza e, viceversa, che nessun commons della conoscenza può esistere senza un'infrastruttura materiale. Allo stesso modo ogni commons materiale è anche un commons sociale, poiché implica il commoning, un'attività umana. Questa è una storia di come i commons "materiali" e "di conoscenza" dominanti si evolvono nel tempo.


Penso che sia possibile formulare una storia stilizzata dei commons:


Le società basate sulle classi che sono emerse prima del capitalismo hanno commons relativamente forti e corrispondono essenzialmente ai commons delle risorse naturali, che sono quelli studiati dalla scuola di Ostrom. Convivono con i commons più organici ereditati culturalmente (conoscenze popolari ecc.). Sebbene le società di classe pre-capitaliste siano molto sfruttatrici, non separano sistematicamente le persone dai loro mezzi di sostentamento. Così, ad esempio sotto il feudalesimo europeo, i contadini avevano accesso alla terra comune.


Con l'emergere e l'evoluzione del capitalismo e del sistema di mercato, prima come sottosistema emergente nelle città, vediamo diventare importante la seconda forma di commons, ovvero i commons sociali. Nella storia occidentale vediamo l'emergere dei sistemi corporativi nelle città del Medioevo, che sono sistemi di solidarietà per artigiani e mercanti, in cui sistemi di "welfare" vengono mutualizzati e di autogovernati. Quando il capitalismo di mercato diventa dominante, la vita dei lavoratori diventa molto precaria, poiché ora sono separati dai mezzi di sussistenza. Ciò crea la necessità di generalizzare questa nuova forma di commons, distinta dalle risorse naturali. In questo contesto, possiamo considerare le cooperative di lavoro, insieme alle mutue, ecc… come una forma di commons. Le cooperative possono quindi essere considerate come una forma giuridica per la gestione dei commons sociali. Con lo stato sociale, la maggior parte di questi commons è stata statalizzata, cioè gestita dallo stato, e non più dagli stessi commoners. Si potrebbe sostenere che i sistemi di sicurezza sociale sono commons che sono governati dallo stato in quanto rappresentante dei cittadini in una politica democratica. Oggi, con la crisi del welfare state, assistiamo al ri-sviluppo di nuovi sistemi di solidarietà di base, che potremmo chiamare 'commonfare', e alla neoliberalizzazione e burocratizzazione dei sistemi di welfare dobbiamo esigere una ri-commonificazione dei sistemi di welfare, sulla base di partnership tra pubblico e comune.


Dalla nascita di Internet, e soprattutto dall'invenzione del web (il lancio del browser web nell'ottobre 1993), assistiamo alla nascita, all'emergere e alla rapidissima evoluzione di un terzo tipo di commons: il commons della conoscenza. L'emergere di questa pratica della "conoscenza come commons" coincide con la forte resistenza alla seconda chiusura dei commons, dovuta alle pratiche neoliberiste di proprietà intellettuale, e lo stesso software libero, che è sia una resistenza contro la privatizzazione, sia una costruzione di nuovi commons, mostra la relazione tra conflitto e costruzione in questa sfera.

Siamo giunti, cioè alla fase 'figitale' in cui si assiste all'accresciuto intreccio di 'digitale' (cioè conoscenza) e fisico.

Il primo luogo di questo intreccio sono i commons urbani. Ho avuto l'opportunità di trascorrere quattro mesi nella città belga di Gand, dove abbiamo identificato quasi 500 commons urbani in ogni area di approvvigionamento umano (cibo, riparo, trasporti).


La nostra grande scoperta è stata che questi commons urbani funzionano essenzialmente allo stesso modo delle comunità di commons digitali che operano nel contesto della "commons-based peer production"..


Ciò significa che combinano

1) una comunità produttiva aperta con

2) un'organizzazione di infrastrutture for-benefit che mantiene l'infrastruttura dei commons e

3) organizzazioni di sussistenza generativa (nel migliore dei casi) che mediano tra il mercato/stato e i commons al fine di assicurare la riproduzione sociale dei commoners (cioè i loro mezzi di sussistenza).


Nella nostra visione, questi commons urbani, che secondo almeno due studi stanno attraversando una fase di crescita esponenziale (crescita di dieci volte negli ultimi dieci anni), sono la premessa per un ulteriore intensificazione dei commons, che propizia una nuova fase di più profonda rimaterializzazione.

Questo sarà affrontato nella nostra risposta alla seconda domanda.


Ma prima qualcosa di importante per spiegare il "post-capitalismo".


La storia del mondo può essere letta come una "pulsazione dei commons". Ciò significa che la storia della civiltà (ma anche delle società neolitiche secondo alcuni ricercatori), può essere letta come fasi emergenti della costruzione della civiltà, con società di classe che scaturiscono dallo stato estrattivo e dalle istituzioni di mercato, oltrepassando i loro "confini planetari" regionali e creando una contro-reazione rigenerativa e curativa da parte dei settori produttivi della popolazione, solitamente in alleanza con movimenti di riforma spirituale, re-impostando il territorio, ma paradossalmente, il successo stesso di questa impresa crea le condizioni per un nuovo ciclo estrattivo. Ma oggi abbiamo raggiunto il livello globale! Ciò significa che dobbiamo adottare un regime che possa produrre globalmente per i bisogni umani, entro i confini del pianeta. Quindi crediamo che l'attuale competizione tra capitalismo renditista e regimi sovranisti porti necessariamente all'autodistruzione e si debba invece evolvere verso un nuovo ordine globale, quello del cosmolocalismo. In breve, questo significa prima una fase di decrescita, seguita da un sistema globale stazionario regolato da "magisteri globali dei commons". Questi, tuttavia, non sono organi di un mondo gerarchico - governo e impero, ma istituzioni settorializzate a guida civile incentrate sui commons, organizzate come commons e in difesa delle risorse comuni. Questo è ciò che chiamiamo cosmo-globalismo.


* Nel vostro ultimo libro "Cosmolocalism" parlate di un nuovo sistema di produzione globale basato sul motto "design global, manufacture local". Puoi spiegare più in dettaglio di cosa si tratta e il suo valore strategico per la transizione verso i commons?


In questa nuova forma di commons materiali, che sono fortemente informati e modellati dai commons della conoscenza digitale (da qui "figitali" - “phygital”), gli stessi mezzi di produzione possono diventare una risorsa condivisa. Prevediamo una combinazione di risorse di conoscenza globale condivise (ad esempio, gli shared design e secondo la regola: “all that is light is global and shared” - tutto ciò che è leggero è globale e condiviso) e micro-fabbriche locali possedute e gestite in modo cooperativo (seguendo la regola: “all that is heavy is local” - tutto ciò che è pesante è locale).


Questo modo di produzione e distribuzione cosmo-locale (DGML: design global, manufacture local) ha le seguenti caratteristiche:


Cooperativismo di protocollo: i protocolli immateriali e algoritmici sottostanti sono condivisi e open source, utilizzando i principi del copyfair (condivisione libera della conoscenza, ma commercializzazione condizionata dalla reciprocità)


Cooperativismo aperto: le cooperative basate sui commons si distinguono dal "capitalismo collettivo" per il loro impegno nel creare ed espandere i commons per l'intera società; nelle piattaforme di cooperazione sono le piattaforme stesse ad essere commons, necessarie per permettere e gestire gli scambi che potrebbero essere necessari, proteggendole al contempo dalla cattura da parte della piattaforma estrattiva netarchica.


Contabilità aperta e contributiva: meccanismi di distribuzione equi che riconoscono tutti i contributi

Supply Chains aperte e condivise per un coordinamento reciproco

Forme di proprietà-senza-dominio (i mezzi di produzione sono messi in comune a beneficio di tutti i partecipanti all'ecosistema).


A nostro avviso, l'attuale ondata di commons urbani è una prefigurazione dell'imminente ondata di commons materiali ingranditi per la produzione e la distribuzione di valore nei sistemi post-capitalisti".


Tuttavia, non credo che una tale transizione avverrà facilmente. Per spiegare questo, mi riferisco agli schemi transitori di Peter Pogany, che ha esaminato l'evoluzione all'interno del capitalismo:


Pogany ha inquadrato le fasi della storia mondiale recente nelle seguenti: Global System 0 (GS0), Global System 1 (GS1), Global System 2 (GS2) e Global System 3 (GS3). Ognuno di questi può essere considerata una sotto-epoca all'interno della modernità. Pogany vedeva ciascuna di queste sotto-epoche come sistemi auto-organizzati in cui le persone in esse incorporate sono così invischiate socialmente, culturalmente, spiritualmente, economicamente, che essa diventa il loro "mito del dato" (nel senso di prestabilito). Non riescono a vedere altri modi di essere o di organizzarsi e il sistema stesso rafforza ciò che contribuisce al sistema ed espelle forze e idee opposte. Pertanto è molto difficile cambiare il sistema. Le opinioni di Pogany erano in linea con quelle del filosofo culturale Jean Gebser, il quale sosteneva che il cambiamento del sistema avviene solo quando il sistema esistente va in declino e, attraverso una transizione caotica, il sistema successivo "sovradetermina" il sistema precedente.


Una sorta di progressione o evoluzione culturale può essere osservata attraverso queste diverse fasi, diventando gradualmente più simile a un ecosistema evoluto, maturo e dinamico in cui le specie dominatrici non prosperano e le specie collaborative prosperano sempre di più. Tuttavia, non si tratta di una progressione graduale. Pogany la inquadrò come una serie di brusche biforcazioni, lungo le linee delineate da Gebser, e coerenti con la termodinamica del disequilibrio di Ilya Prigogine.


[citando testualmente:] “Come elaborato da Ilya Prigogine, il padre della moderna termodinamica del disequilibrio, un'entità materiale che cresce di dimensioni diventando sempre più complessa (dove la complessificazione è definita come volumi crescenti di informazioni generate e trasmesse tra i centri decisionali dell'entità) deve subire un'alternanza tra stati stazionari (dinamici) e biforcazioni (transizioni caotiche).”


Dopo il 2008, e sicuramente dopo il Covid, siamo entrati in questa predetta fase di transizione caotica.


Tutte le istituzioni hanno perso fiducia. La frammentazione sociale, ipercaricata dai social media, porta alla polarizzazione. L'attuale situazione politica negli Stati Uniti, che ha avuto eco in Europa sebbene con minore intensità, mostra il blocco a livello locale e la guerra in Ucraina mostra il blocco a livello geostrategico.


Non ci sarà una transizione graduale. Negli Stati Uniti, la guerra civile è un esito possibile, a causa del conflitto in Ucraina, l'Europa deve tornare al carbone e al nucleare.


Ciò rende molto più probabile un "esodo" di sezioni più ampie delle popolazioni, verso forme cosmo-locali incentrate sui commons.


Oggi ci troviamo di fronte a un sistema interstatale globale in declino, se non in disintegrazione, e abbiamo un sistema finanziario trans-locale.


La scelta attuale è tra il

Il Ripristino Globale di impronta marittima, renditista-capitalista, a guida anglosassone, dei sistemi di governance planetari settorializzati pubblico-privato-non governativo, come proposto dal WEF Il sistema statale-centrico eurasiatico, continentale, sovranista di Russia e Cina

Entrambi portano a risultati opposti e rivali.


La terza opzione consiste nel creare ecosistemi di approvigionamento di tipo mutualistico, bottom-up, settorializzati che combinano la produzione locale con la conoscenza globale condivisa. Quindi questo non sarebbe solo un diverso modo di produzione, ma la quarta generazione dell’ordine civile e una seconda età assiale.


Il GS2 ci ha portato i contratti di welfare sociale fondati sul rapporto capitale-lavoro, ma ha innescato l'Antropocene. Ciò di cui abbiamo bisogno per il GS3 è un contratto tra gli esseri umani e la rete della vita. Questo può essere realizzato solo da nuove istituzioni globali incentrate sui commons, "Global Magisteria of the Commons" a guida civica e settorializzati, che dovrebbero essere organicamente costruiti da organizzazioni di approvvigionamento fondate sul mutualismo.


* Sul concetto di Stato partner: lei dice che in questa transizione lo Stato avrà il ruolo di partner, dando sostegno ai beni comuni per farli crescere. Puoi dirci di più a riguardo? Ci può dire anche perché questa è la strada migliore da un punto di vista strategico?


La civiltà era una relazione tra il mondo agricolo rurale e le città, una particolare organizzazione del tempo e dello spazio con un ordine sociale di tipo classista.


Il digitale lancia una sfida a un tale ordine globale. La nuova priorità diventa il rapporto tra gli ecosistemi geografici e non-territoriali, ovvero gli ecosistemi virtuali organizzati digitalmente.


Ma l'ordine mondiale geografico non scomparirà. Le istituzioni geografiche, come lo Stato-nazione, ma più in generale i formati bioregionali, troveranno nuove logiche. Possono diventare istituzioni facilitanti, responsabili dei commons delle competenze, intente ad attrarre conoscenza globale per l'infrastruttura di produzione cosmo-locale.


La ricerca di Ostrom ha insistito sul fatto che tutti i commos dipendessero anche da accordi con le autorità pubbliche locali. Non può esserci società umana senza una sfera pubblica, un governo. E non ci sono segni che gli Stati-nazione stiano scomparendo, potrebbero persino essere rianimati e diventare più forti (questo è il tema della lotta in Ucraina, come ho sostenuto).

Vedo quindi le autorità pubbliche responsabili della nuova politica di reindustrializzazione basata sui commons, creando ecosistemi di produzione locale coerenti, interconnessi con la rete globale delle istituzioni di open design. Potrebbe assumere la forma di Leghe di Città, utilizzando le metodologie di governance sviluppate in Italia, come il modello della Quintupla Elica (il c.d. “Quintuple Helix model”), che può esistere in un formato frattale, con un’ organizzazione di supporto locale collegata a un'organizzazione globale di supporto dei singoli ambiti.

L'infrastruttura cyber-fisica globale atta a questo è in fase di sviluppo negli ecosistemi post-blockchain.

Questo accade quando anche il sistema politico e i movimenti entrano in crisi, quindi vedo le comunità cosmo-locali operare con reti di sostegno fra le autorità pubbliche.


A livello globale, vedo accanto alla divisione Somewhere-Nowhere, il potenziale di collegare le neo-corporazioni/associazioni locali ai nomadi digitali globali, gli Everywheres, che collegano le comunità di produzione locale con le comunità globali di open design. Vedo anche nuove forme di "capitale dei commons". Pertanto, credo nell'emergere di alleanze pragmatiche innovative che non rispecchiano la politica del GS2.